Titolo: Medusa
Anno di esecuzione: 2009
Il Male urla il suo silenzio di pietra e l’orrido mito della Medusa ritrova la sua forma di donna, tra le cinghie multicolori e lampi di fibbie pronti a colpire.
Alla base una lastra, simil granito, edifica un illusorio piano d’appoggio.
L’Architettura dell’Uomo, con il suo folle bisogno di durare, passa tutta da qua.
Un millimetro sotto, una linea bianca, piatta, come encefalo spento, segna il punto d’arrivo e di partenza del disegno del Destino; riquadro nel quadro, telo su tela.
Macilento e sgualcito se ne sta sospeso, appiccicato con due pezzi di scotch, ai bordi dell’infinito.
Un buio cosmico in cui la luce è andata in frantumi e che l’artista utilizza come sfondo, ma che è troppo simile allo screen sever del nostro computer per non darci angoscia.
Qui l’urlo non solo si vede ma si sente.
Da questo buio e comunque da una profondità che non riusciamo a vedere giungono i filamenti dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse.
Solo quello della Morte, giallo-verde cangiante, attraversa per lungo tutto il quadro, recidendo, in prossimità del vertice, la granitica lastra.
Se ogni Arte è un segno e se ogni segno è un Simbolo, Giampaolo Belotti, con questo quadro dichiaratamente simbolista, ha saputo sintetizzare, con grande lucidità, la tragica condizione umana, a cui non pongono rimedio né vanità di scienza, né pazzia di fede.
Virtù rara, quanto la maestria con cui è stato dipinto.
L’Amico Ivano Bianchini